16.2 L'importo di denaro risparmiato non rappresenta in alcun modo il suo valore reale

Se qualcuno pensa ancora che un'imposizione fiscale periodica sul capitale accantonato sia una misura eccessiva, costui cambierà forse idea dopo aver analizzato approfonditamente il valore reale del risparmio.

La teoria classica afferma che il denaro acquista valore nel tempo. Ciò è forse vero, ma in misura molto limitata. Chi dieci anni fa aveva 100 $ sul conto in banca, può facilmente affermare che esiste una differenza abissale tra quello che poteva allora e quel che può oggi acquistare con questo importo. La differenza è costituita dall'inflazione. Lo Stato inietta liquidità nel sistema tramite la Banca centrale, con l'obiettivo di far funzionare l'economia: questo ha come conseguenza una diminuzione del valore temporale del denaro.

C'è anche un altro motivo, per cui il denaro risparmiato ha un valore significativamente inferiore rispetto a quello speso, e ciò vale anche senza l'intervento del fattore tempo.

Facciamo l'esempio di un aranceto che produce cento arance l'anno, al prezzo di 1 $ al frutto. Se venticinque persone detengono un potere d'acquisto di 4 $ l'anno e decidono di spendere quest’importo per acquistare arance, ognuna di esse otterrà quattro pezzi e tutta la produzione sarà venduta.

Se queste persone stabiliscono, invece, di risparmiare la metà del loro potere d'acquisto (2 $), le arance vendute saranno solo cinquanta e in banca si accumuleranno depositi pari a 50 $. Le restanti cinquanta arance non saranno vendute e marciranno.

L'anno successivo gli acquirenti di arance decidono di utilizzare i loro risparmi e di organizzare un banchetto a base di questi frutti. Essi cercano di comprare 150 arance, usando il loro salario abituale di 100 $ (25 x 4 $), al quale aggiungono i 50 $ di risparmi.
Ma ben presto scoprono che l'aranceto è in grado di produrre solo 100 arance (e questa è l'ipotesi più rosea, perché potrebbe benissimo accadere che metà del frutteto sia stata nel frattempo smantellata per la richiesta insufficiente di frutti).
Si cerca così ora di acquistare 100 arance con 150 $ e il potere d'acquisto conseguente di 1 $, in questo modello, è sceso a 0,66 $: un’arancia costa ora già 1,5 $ invece di 1 $ e gli acquirenti ovviamente non riescono a ottenere la quantità desiderata.

Si tratta di un esempio molto semplice, ma che descrive chiaramente l'inutilità dell'accumulo di risparmio e la rapidità con cui esso perde di valore, anche senza prendere in considerazione la provenienza del necessario potere d'acquisto aggiuntivo, che deve comunque arrivare da qualche fonte.

Aggiungiamo, ora, il seguente elemento di problematicità.

Diciamo che il proprietario dell’agrumeto intende realizzare un profitto del 10% e che, quindi, intende vendere le sue arance ottenendo un ricavo di 110 $, 10 $ in più rispetto ai costi, rappresentati dai 100 $ che costituiscono i salari.

Profitto =  Ricavi - Costi (salari)                               10 $ = 110 $ - 100 $

Se la fonte di questo profitto è il debito pubblico, allora per ogni anno in cui viene registrato un ricavo, lo Stato deve prendere in prestito 10 $ da coloro che producono profitto, per distribuire poi quest’importo ai lavoratori dell'agrumeto, che rappresentano l'intera domanda aggregata del caso.

                           

Così, a distanza di dieci anni, l'attività dell’agrumeto ha prodotto 10 x 10 $ = 100 $ di profitto e il debito pubblico equivale (per semplificare senza interessi) allo stesso importo di 100 $.

L’agrumeto produce ancora solo cento arance all'anno per un valore di 110 $. Se, con l'intero ammontare dei suoi profitti, anche il proprietario volesse acquistare arance assieme ai suoi clienti abituali, detentori di un potere d'acquisto ordinario di 100 $, il risultato sarebbe un potere d'acquisto di 200 $ disponibili, a fronte di 110 $ di produzione. Un’arancia costerebbe ora 200 $ / 100 pezzi = 2 $, a fronte di un prezzo ordinario di 1.1 $.

Ciò significa un'inflazione di quasi l' 82%! L'accumulo di profitto è, quindi, del tutto inutile, poiché non garantisce la disponibilità dei necessari prodotti reali e, inoltre, il potere d'acquisto a esso correlato viene significativamente eroso nel tempo. La seguente tabella descrive la portata di questa diminuzione del potere d’acquisto:

 

Ovviamente, se il profitto del primo anno di attività venisse tassato nella sua interezza (100%), non ci sarebbe alcuna diminuzione in questo senso.
Se la fonte del potere d'acquisto supplementare fosse rappresentata dall’introduzione di misure di allentamento quantitativo, il risultato sarebbe lo stesso:

L'unica differenza è che non ci sarebbe un debito pubblico da rimborsare. L'importo complessivo della nuova massa monetaria immessa nel ciclo economico è lo stesso presente nel caso di utilizzo dello strumento del debito pubblico =  + 100 $ e anche il calo reale del potere d'acquisto di 1 $ è il medesimo, in conformità con i profitti accumulati.

Processo di allentamento monetario

Nel caso in cui si opti, invece, per lo strumento del debito pubblico, il profitto aziendale sarebbe trasformato in titoli di Stato, vale a dire che, se l'impresa intende continuare a guadagnare, essa deve utilizzare i ricavi dell'anno precedente investendoli in debito pubblico, che è a sua volta ridistribuito ai cittadini attraverso misure di integrazione del potere d'acquisto. Dopo dieci fasi caratterizzate da profitti di 10 $ l'anno, e in conseguenza al loro successivo investimento, l'impresa possiede ora titoli di Stato per un valore di 100 $.

 

Se la Banca centrale fornisse fondi direttamente allo Stato, non si creerebbe un debito pubblico e il profitto dell'impresa consisterebbe esclusivamente nel denaro fresco fornito dalla Banca centrale: non ci sarebbe pertanto la necessità di un reinvestimento dei profitti in titoli di Stato. Il profitto sarebbe rappresentato da denaro reale e non da titoli di Stato, i quali devono a propria volta essere convertiti in denaro.

 

Quando il debito diventa troppo grande e nessuno è più disposto a finanziarlo, arriva il trucco dell’allentamento monetario:

 

 

La Banca centrale acquista titoli di Stato dalle imprese, convertendoli così in denaro reale. Il debito pubblico è ancora lì, ma ha cambiato proprietario ed è ora nelle mani della Banca centrale. Dopo l’introduzione di misure di allentamento monetario la situazione economica è a tutti gli effetti la stessa di    come se la Banca centrale avesse fornito denaro direttamente allo Stato.

Il debito pubblico (ora verso la BC) c’è ancora, ma non verrà mai ripagato. Lo Stato non ha e non avrà mai il denaro per procedere in tal senso. Per farlo, infatti, dovrebbe introdurre un’imposizione fiscale del 100% sugli utili già conseguiti, operazione improponibile. Ma per la Banca centrale, a differenza di quanto avviene per le imprese private, il rifinanziamento del debito non costituisce un problema. Essa comprende che in questo modo consentirà al sistema economico di funzionare: è per questo motivo che manterrà i nervi calmi e non opporrà un rifiuto alle richieste promosse dallo Stato centrale.