16.1 Ulteriori vantaggi legati alla tassazione del risparmio a fronte di un'imposizione fiscale sui profitti aggiuntivi

Quando un governo decide di tassare i profitti, non fa altro che drenare risorse finanziarie a scapito di chi potrebbe farne un uso costruttivo. Questi ultimi potrebbero voler realizzare nuove iniziative imprenditoriali o potrebbero aver deciso di investire il profitto aggiuntivo in attività di ricerca e sviluppo. Potrebbero anche aver stabilito di aumentare gli stipendi o il numero dei lavoratori presenti in impresa, contribuendo così in modo consistente al buon funzionamento del sistema economico. Ma se anche avessero solo intenzione di spendere il profitto aggiuntivo per scopi personali, ciò produrrebbe risultati comunque migliori di quelli ottenuti tramite una spesa pubblica artificiale/inefficiente. Gli imprenditori, dopo tutto, meritano una ricompensa per i loro buoni risultati professionali e la mia teoria non è in contrasto con questa considerazione. Che spendano come meglio credono. Ma che spendano!

Un'eccessiva tassazione dei profitti rappresenta un colpo inferto a uno degli impulsi primari dell'essere umano, al desiderio cioè di ricavare vantaggi dal proprio lavoro e dalla capacità di assumersi i rischi legati al fare impresa. L'imposizione fiscale sui profitti aggiuntivi, inoltre, sottrae all'impresa gli strumenti necessari per crescere e per decidere autonomamente in che direzione procedere, rallentando così il processo di crescita economica.

A questo proposito, non si può che essere d'accordo con gli esponenti della destra, con i liberali o i Repubblicani ...
L'innalzamento fino al 75% della tassa sui grandi redditi proposta dalla Francia conduce inevitabilmente a un indebolimento delle attività economiche e a un aumento dell'evasione fiscale. Le imprese colpite da aliquote fiscali così elevate cercheranno con ogni probabilità di scaricare tali tassazioni sui propri dipendenti, aumentando il margine di profitto (attraverso tagli dei costi e aumenti dei prezzi) o tentando di trasferirsi all'estero, ciò che produrrebbe sull'economia un risultato esattamente opposto a quello auspicato.

Ma il sistema economico necessita di risorse aggiuntive, dal momento che non tutti i profitti vengono spesi o reinvestiti!
Ed è riguardo a questo punto che gli esponenti della sinistra, i socialisti e i Democratici, hanno pienamente ragione.
Senza un processo di raccolta e ridistribuzione dei capitali inutilizzati il sistema subirebbe una brusca battuta d'arresto. Se le risorse aggiuntive da immettere nel ciclo economico provengono dal debito o da una politica incontrollata di allentamento monetario, le conseguenze si faranno presto o tardi sentire.

Esistono, quindi, in merito alle politiche fiscali che uno Stato dovrebbe adottare due punti di vista, due visioni discordi tra loro ma entrambe corrette sotto il profilo del contenuto. La destra denuncia il fatto che le tasse elevate sottraggono le risorse necessarie allo sviluppo economico, mentre la sinistra insiste nell'affermare che una redistribuzione degli utili in eccesso è assolutamente necessaria. Il bello è che entrambe queste concezioni economiche sono corrette.
L’indecisione nell'approccio da assumere rispetto alla gestione dell’economia crea, però, rancori e scontri a livello politico, in quanto entrambi i contendenti difendono la propria posizione con mezzi sempre più drastici, ritenendo la propria causa santa e indiscutibile.

Ma se è vero che ci sono imprenditori i quali utilizzano in modo costruttivo le risorse finanziarie derivate dal profitto aggiuntivo, ne esistono anche molti altri il cui solo scopo è l'accumulazione fine a se stessa di denaro. La tesi secondo la quale tale capitale risparmiato si immetterebbe comunque nell'economia reale attraverso lo strumento del prestito, non è accettabile. L'aumento del potere d'acquisto che si basa su siffatte forme di credito è solo temporaneo e se si prendono in considerazione le restituzioni dei prestiti comprensivi degli interessi versati, appare evidente che non vi è alcun aumento stabile del potere d'acquisto complessivo. Ciò di cui abbiamo bisogno è un flusso costante di domanda e non una costante offerta. Si tratta dell'unica modalità che garantisce un'economia priva di fasi recessive.

Non va, quindi, aumentata la tassazione sui profitti, ma va introdotta un'imposizione fiscale sui risparmi.

I risparmi si formano nel momento in cui coloro che partecipano a un sistema economico optano per un non utilizzo del profitto. Le risorse finanziarie aggiuntive possono essere investite o spese. Nel caso in cui non si proceda in questo senso, si viene a formare un eccesso di denaro tesaurizzato che causa tutta una serie di problemi economici e che va pertanto sottoposto a tassazione. Tale imposizione fiscale è, per altro, già applicata, anche se con modalità occulte.
Che cosa sono, infatti, le imposte patrimoniali, le tasse sulle autovetture, le imposte di successione etc., che trovano il proprio fondamento sul possesso di determinati beni?
Queste forme di tassazione sono state ideate, infatti, per ridurre l'ammontare dei risparmi, considerato che sono indipendenti dall’importo del reddito. Anche i disoccupati devono quindi pagarle, magari attingendo ai propri risparmi. Si tratta di un approccio non completamente corretto e dannoso dal punto di vista del funzionamento di un sistema economico, poiché questo tipo di tassazione indiscriminata, che non tiene conto del livello di reddito, colpisce duramente i consumi ordinari. Sarebbe più giusto definire l'imposizione fiscale in modo esplicito, colpendo il risparmio e stabilendo con chiarezza i diversi scaglioni fiscali da applicare.

L'introduzione di una forma di tassazione sul risparmio non andrebbe a colpire in alcun modo l'aspetto motivazionale legato all'attività d'impresa, poiché i profitti (una volta pagate le imposte ordinarie sugli utili, non sto sostenendo la necessità di una loro completa abolizione) resterebbero nelle mani degli imprenditori, i quali le potrebbero utilizzare a proprio piacimento. Il potere d'acquisto mancante sarebbe reintegrato mediante trasferimenti statali finanziati attraverso la politica monetaria. Una volta che il volume dei risparmi superasse le soglie stabilite, inoltre, entrerebbe in funzione la tassa sul risparmio e gli ulteriori trasferimenti statali risulterebbero finanziati attraverso tale imposta e attraverso ogni altra imposta ordinaria. La massa monetaria in circolazione resterebbe pertanto stabile e non ci sarebbe la necessità di introdurre quel meccanismo di riduzione della leva finanziaria che tanto spesso causa processi recessivi.

Che cosa accade in prima battuta nei periodi di recessione?

Si accentua la propensione al risparmio. Avendo già sperimentato recessione e disoccupazione, tale strategia personale non fa una grinza. Anche se il volume complessivo del risparmio individuale è solo leggermente al di sopra della media, esso costituisce in termini aggregati un danno enorme per l'economia.

Il modo migliore per evitare che la recessione si aggravi è stimolare la spesa, ma quest'opzione viene rifiutata per ragioni di carattere psicologico. Nessun’altra forma di imposizione fiscale risolverà il problema. Nel caso in cui il governo decidesse per esempio di aumentare le tasse sulle imprese, infatti, esse cercheranno di evitarle trasferendone il carico sui lavoratori dipendenti. Se la scelta per cui si opta è, invece, un aumento delle imposte sui consumi (IVA, imposta sulle vendite ...), il risultato sarebbe una riduzione immediata del potere d'acquisto necessario a far funzionare l'economia.

Ed è per questi motivi che l'introduzione della tassazione sui depositi bancari da noi proposta rappresenta uno strumento perfettamente idoneo a combattere tutta una serie di problemi. I risparmi eccessivi sarebbero automaticamente incassati dallo Stato, che provvederebbe a ridistribuirli ai consumatori disposti a spenderli. Nel caso in cui vi fossero consumatori poco inclini a utilizzare questo denaro, essi vedrebbero dissipato il loro reddito aggiuntivo proveniente da salario e da trasferimenti governativi, dal momento che il volume di risparmio in eccesso verrebbe inesorabilmente sottoposto a tassazione. Ciò interromperebbe il ciclo di timore e ansia legato alla recessione. Bisognerebbe essere dei veri e propri masochisti per non iniziare a spendere, dopo aver costatato che il denaro aggiuntivo ottenuto grazie ai programmi governativi di trasferimento sarebbe dopo qualche tempo sottoposto a tassazione, perché non si è stati in grado di consumarlo.

La recessione finirebbe molto presto.

Coloro che accumulano risparmi spremendo così i lavoratori non vedrebbero più motivo alcuno per continuare ad accantonare denaro, in quanto esso oltre una certa soglia verrebbe comunque tassato. Coloro che hanno paura di spendere sarebbero facilmente persuasi, per i motivi di cui sopra, che il risparmio è inutile.
Grazie a questa forma di tassazione si consentirebbe di conservare sui conti correnti un volume di risparmio sufficiente a garantire una certa sicurezza e, inoltre, la possibilità di spendere i profitti assicurerebbe la tutela della motivazione a fare impresa.